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E ditelo!

Alla fontanella, per sciacquare i bastoncini, un ciclista allarmato,intento nella pulizia della sua bici, mi guarda e fa: hai la faccia coperta di sangue, che ti è successo? Fai attenzione.

Perche’ stargli a dire che ho seguito i sentieri dei cinghiali pur di trovare una soluzione al fatto che il percorso che avevo in mente di fare era interrotto per una frane che si è portata via un costone di parete costringendomi a tentativi vari tanto che il GPS ha bussato chiedendo quale fossero le mie intenzioni?

A proposito di bici, a pensarci bene, quando tornavo io, la biga era grosso modo un blocco informe di fango con un qualcosa che si muoveva sopra altrettanto informe e sporco. La bici non va lavata, va leccata!

Torniamo a noi; Il problema di base è che i cinghiali sono più bassi di me, larghi uguali e dopo ore di cammino, profumati uguale. Io non ci passo attraverso i loro varchi se non lasciando pezzi di me stesso come ricordo.

In origine dovevano essere solo 8 chilometri. Alla fine sono diventati 12. Insomma, ho fatto qualche avanti e indietro più del dovuto. Due passi in più.

Partenza: Kaisra, o per meglio dire Caere! Per la precisione, Porta coperta!

Viaggetto col Tardis.

Fine: Se il Signor Marchese Patrizio Patrizi di Giovanni vuole, arrivo 3 ore e mezzo dopo la partenza innanzi la sua meravigliosa magione, in quel di Castel Giuliano e si ritorna quindi alla storia della fontanella.

Nel mezzo un po’ di tutto:

un guado (nulla di trascendentale, non ho guadato il Gange, per intenderci),

3 cascate una più bella dell’altra,

2 cascate saltate causa frana (che richiederà un ulteriore giro con correzione per giungere al top di 5 cascate tutte assieme),

1 incontro ripetuto a iosa con degli scouts con cui ci si divideva il percorso tra un passaggio e l’altro; mi guardavano proprio strano: avranno visto un cinghiale con due gambe e uno zaino?,

X gente a passeggio con figli e cani (quest’ultimi più educati dei primi: un bau almeno te lo fanno, gli altri un saluto manco morti che non c’è cosa più bella tra gente che va per campi),

X ciclisti, con le E-Bike (bleah, discorso improponibile vederli ansimare alla minima salitella solo per avere una bici con i chili di batterie in più totalmente lontani dal vero discorso di andare in bici per fossi).

X^10 cinghiali, non visti, ma a giudicare dalle tracce, presenti in ottima e abbondante numero.

NON HA PREZZO: per tre ore e mezzo il cellulare non ha visto la benché minima ombra di segnale.

Insomma, mattinata spesa bene. Poi, pomeriggio, ho finito di tagliare il prato.

Come potete immaginare, ho fatto un’uscitella di trekking, la prima dopo anni e anni. Zaino, borsa idrica, bastoncini, scarpe adatte e via a camminare.

Il progetto Genesis continua.

Ok, ho fatto lo sborone, ma tanto non vi dico cosa ho in mente!

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Chiamate la Neuro

Camminin Camminando, ho fotografato qualche giorno fa una panda coperta di adesivi.

Zona Roma, Lungo Tevere Testaccio.

Tra i tanti, quello più importante porta le insegne del MONGOL RALLY.

E mo’ che e’ il MONGOL RALLY? Tocca verificare.

Dal sito ufficiale leggo che si tratta di una gara non competitiva che attraversa praticamente tutto il continente europeo e asiatico, o comunque una fetta decisamente importante.

La si può fare con la panda sgangherata di 22 anni fa o con la vespetta 125 di antelucana memoria. Le regole sono semplicissime, da svitati totali: macchina vecchia, cilindrata minima, chilometri infiniti, pedalareeeeee.

Che dire… mi è passata per l’anticamera del sala motori l’idea di avventurarmi in una cosa del genere, ma forse sto un filo esagerando.

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Era la Dolce Vita

Oggi, durante i miei pellegrinaggi lavorativi in giro per Roma, sono ripassato a Via Veneto e mi sono fermato un po’ davanti a quello che era uno dei simboli della Dolce Vita.

Ve la ricordate, si, la Dolce Vita? Fior di fotografi scatenati a documentare la bella vita di cui Via Veneto era il centro dell’universo. Tutti i Vip degli anni 60 a spasso per la via, seduti ai tavoli di bar bellissimi. Un’immagina che spingeva la nazione a crescere sempre più.

Ora ci sono le casette di neve…

Qualche passo più avanti, lo scheletro del Cafe’ de Paris, chiuso ormai da anni, parecchi anni, a causa infiltrazioni mafiose, impicci. Di lui ormai solo una scatola vuota piena di mondezza.

Fermarsi davanti alle insegne scolorite dal tempo e a porte chiuse da anni fa pensare.

A peggiorare la cosa, tra una porta e l’altra due cornici con tante foto di quello che era stato il periodo d’oro di questa Via. Persone famose, amate dal pubblico che amavano soffermarsi in questa via.

E da a una parte, ciliegina sulla torta, una targa dedicata a Fellini, colui che ha dato il La alla Dolce Vita.

Il tutto a ricordare fasti che stuzzicano solo i turisti ma che ormai sono morte e sepolte da una storia recente decisamente più brutta.

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Nell’Aldilà

L’anima, all’ingresso del regno dei morti, incontrava la terribile figura di Tuchulcha, mostro con orecchie d’asino, muso d’avvoltoio e capelli di serpente. Giunto alla porta, il defunto era ricevuto da due gruppi di demoni. Il primo era guidato da Charun dal viso deforme che, armato di pesante martello, aveva il compito di condurlo nell’aldilà; l’altro era invece guidato da Vanth, dea dalle grandi ali che, con una torcia, illuminava il cammino nell’oltretomba.