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Sogni di una notte di inizio autunno.

Prendo la metro B. Il solito cassettone che traballa e va verso Est. E’ sera, la metro mi sembra vuota. Strano. Sta’ metro è un casino a tutte l’ore del giorno, quando passa. Non so dove sono salito.

Dopo un infinito numero di stazioni scendo. Corro lungo il marciapiede, è in discesa, l’hotel dove sono atteso è familiare, eppure, non mi ricordo nessun albergo di quel genere lungo la linea B.

Finalmente si dorme, cavolo si, si dorme.
Il bello viene di mattina, sala per la colazione. Faccio un casino dietro l’altro, dal far cadere tutti i dolci sul vassoio che un solerte cameriere con un sorrisetto che mi fa sentire un verme, mette immediatamente apposto. La manica messa nella spremuta d’arancio conclude la colazione. C’e’ un pullman che mi aspetta, per andare poi, bohhhhh.

Mi ritrovo per un paesetto e inizio a camminare, tanto un mezzo per tornare a casa lo trovo.

Cammina, ricammina e cammina ancora. Trovo un altro paese. “Ma ci sta’ un pullman o un mezzo qualsiasi?” chiedo. Mi rispondono “no, non ci sta una mazza”.

Allora ho l’illuminazione, vedo uno spazio e penso di correre e planare, che io so volare.

Minchia, mi lancio di corsa lunga la discesa, allargo le mani poi quando arrivo sul bordo, non e’ un burrone quello che vedo, ma uno scatafascio senza fondo. Rega’, lassamo perde, che qui è il caso di trovare un’altra soluzione.

Ed eccola la soluzione: due ragazzi si offrono di accompagnarmi. Venga Dotto’, che abbiamo la soluzione.

Appare una Panda, bianca o rossa, colore indefinito, vecchia come le mie ossa. Mi ricorda vecchie avventure giovinastiche.

Il problema e’ che nella Panda non c’e’ posto ne per me ne per lo zaino. E’ piena di audiocassette infilate ovunque, nel sedile, in ogni posto, manco una scarpa ci sarebbe potuta entrare.

Ragazzi, qui non ci entro.

Ora troviamo la soluzione, non preoccuparti.

Intanto pigliate sto zaino.

I sedili anteriori, entrambi, sono spariti, tutti appassionatamente sul sedile posteriore, autistica compreso, lo zaino no, e’ sparito.

Vabbe’, mi sveglio, forse è il caso di andare a fare colazione.

Note: questo è uno dei pochi sogni che ho ricordato. Lo avevo appuntato quasi un anno fa. Oggi ha deciso di farsi pubblicare.

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