25 anni di viaggi. ritardi, cancellazioni, incontri (pochi), scontri, persone, porte che si bloccano, stazioni, scale mobili, vagoni, locomotori, linea elettrica, guasti, stress, troppo caldo, troppo freddo, bagni non funzionanti, abbonamento scaduto, biglietto, lunga percorrenza, treno regionale, interregionale, controllore.
E pure stasera abbiamo superato noi stessi. Oltre alle due ore canoniche tra l’uscita al civico 2g1 e la porta di casa, un guasto ha aggiunto un’ulteriore ora e passa. Morale della favola, un’altra fetta di giornata buttata nel cesso.
Amo i treni. Non ci piove.
Odio i treni. O quello che per me rappresentano nella quotidianità.
Eppure mi sento privilegiato. Vivo nel mio mondo senza interferenze solo con i messaggi di avviso che ormai conosco a memoria. Vedo gente al limite dell’infarto perché il treno non c’è o è in ritardo assurdo o sta sul binario sbagliato. Incontro persone impanicate che lamentano l’apoteosi quando invece sai benissimo che 5 minuti di ritardo spesso rappresentano una benedizione o il giusto compromesso per far quadrare bus, pioggia e rientro in orario. Il gioco degli orari e delle stazioni, quello che per un pendolare di lunga data diventa la carta da giocare al momento giusto.
Il treno, l’amore l’odio. E alla fine, la tua vita, anche perché poco altro ti resta. Le briciole.